domenica 4 dicembre 2011

grazie Sensei...

Tante volte ho pianto la scomparsa di uomini d'arte.

L'ultima volta lo feci per John Buscema, indimenticato disegnatore di Conan il Barbaro (tra gli altri  personaggi) che ho avuto il privilegio di conoscere anche di persona, ancor prima per Jack “the King” Kirby, o per Andrea Pazienza.
Stavolta però, non piange solo il disegnatore che è in me, non solo l'amante della fantasia, piange soprattutto il bambino che ero, che ancora alberga in me nonostante tutto e che vivrà per sempre dentro questo corpo che giorno dopo giorno invecchia senza sosta, silenziosamente, conservando ogni momento passato come un prezioso bottino di ricordi.
Oggi piango la fine di un vero maestro dell'animazione mondiale, Shingo Araki.


A molti il suo nome può non dir nulla, ma basta citare uno solo dei suoi capolavori per suscitare ondate di ricordi d'infanzia, a chiunque della mia e delle successive generazioni.

Araki era un fumettista mancato, come amava dire lui stesso di sé.
In coppia con la sua collega di sempre, Michi Himeno, aveva contribuito a creare più della metà dei cartoni animati apparsi qui in italia, nel periodo in cui nascevano le televisioni private e poi successivamente si consolidava il loro potere mediatico.

Nel Bel Paese è sempre stato amato e ricordato da una cerchia di fedelissimi “otaku”( i nerds, per dirla in breve), in Francia osannato e portato agli onori come un dio in terra anche dai non addetti ai lavori, in Giappone una colonna portante della rinascita dell'animazione nazionale degli anni '60 e inarrivabile maestro per generazioni di nuovi disegnatori.

Lady Oscar, Goldrake, Remì, Rocky Joe, i Cavalieri dello Zodiaco, Kiss me Licia, Bia, Memole Dolce Memole”...sono questi alcuni dei titoli (italiani) di serie animate  per le quali lui ha svolto il ruolo di Character designer ( colui che crea i model e il look dei personaggi ) o spesso anche di Sakkan (rifinitore che imprime uno stile unico all'animazione facendo convergere in un tutto fluido e credibile il lavoro svolto da decine di disegnatori impegnati nelle varie fasi di lavorazione).

La sua carriera, iniziata dalle ceneri di un Sol Levante devastato dalla guerra e dall'atomica, è costellata di successi, iniziati come collaboratore dell' indimenticato Osamu Tezuka per “Kimba, il leone bianco”, nel 1965.



Araki, presto collabora con i più grandi autori giapponesi, da Leiji Matsumoto a Go Nagai, da Monkey Punch a Masami Kurumada, contribuendo sempre ad accrescere la notorietà degli stessi, perchè ogni volta ne scaturisce un capolavoro indiscusso, premiato dal successo e dall'affetto dei sempre crescenti fans, in tutto il mondo, legando il suo nome alle trasposizioni animate dei personaggi più noti del manga orientale.

Svariate poi le interazioni con studi europei e americani, specie francesi, per il cui mercato crea “Ulisse 31, Memole dolce Memole, o l'ispettore Gadget”...



per noi, bambini dell'epoca, ogni sua fatica si accompagna ad un ricordo.
E' difficile restare indifferenti alla sua scomparsa.

Ma cosa distingue un Araki da un qualsiasi altro animatore del sol levante, categoria così spesso accusata di essere un po' troppo omologata ed uniforme per soluzioni stilistiche?
Una sola parola, Bikei, ovvero, “bello stile”...




questo è il termine corretto per spiegare un certo tipo di stile del narrare per immagini, uno stile piuttosto cinematografico ed impressionista, un agglomerato di tecniche e soluzioni estetiche che solo la lingua giapponese può completamente definire.
lezioso, curato, decorativo ma al tempo stesso essenziale...sono tutti termini che per noi risulterebbero complementari e talvolta contradittori per aggettivare qualcosa, eppure il bikei è tutto questo, ma anche molto di più...

Araki è una sorta di Fedro moderno, che spesso si distacca nei suoi lavori animati dallo spunto di partenza del manga di cui è incaricato di realizzare la trasposizione.
non è un "traduttore" da un media all'altro, ma un autore vero e proprio, e i risultati della sua interpretazione diventano così dei prodotti a sè stanti.
Araki è un cartoonist, come direbbero negli USA...
Araki è un funambolo della sequenza animata, e questo lo dico io.

ma cos'è il Bikei?
una pozione magica?...
una prospettiva?
un inquadratura?
si, .....e no...
il Bikei è pura magia...


Araki, fin dall'inizio della sua carriera, fissa delle caratteristiche distintive nei personaggi, occhi grandi ed espressivi, visi affusolati, capigliature fluenti e colorate, e abiti svolazzanti.
Mettiamoci anche una incredibile plasticità nei movimenti dei corpi, alle volte slegata dalle leggi anatomiche, ma sempre gradevole e plausibile, una cura nei dettagli decorativi maniacale, ed il gioco è fatto.
L'animazione è estremamente fluida, un gioco ininterrotto di geometrie morbide, di gabbie a cerchio e ad ellisse invisibili e piacevolissime per chi guarda.
I suoi personaggi pur avendo i piedi ben saldi a terra, sembrano leggeri come l'aria, sembrano quasi danzare, anche mentre combattono o corrono, come piume trasportate dal vento.
é uno stile leggero, che non carica lo sguardo.



Altri animatori “seriali”, o più in generale, altri disegnatori del sol levante, spesso sono rei di avere una sorta di "cattivo gusto", una cruda mancanza di delicatezza estetica nel metodo di rappresentazione delle storie e dei personaggi.
Araki no.
e non è solo l'estetismo raffinato dei disegni a dimostrarlo.

In un periodo in cui, in Italia, le polemiche sull' influenza negativa attribuita ai cartoni animati giapponesi sui ragazzi avevano una grossa rilevanza, si accendeva un acceso dibattito sociale (persino una interpellanza parlamentare su "Goldrake"!! ) che, nel giro di pochi mesi (siamo agli inzi degli anni '80) portava alla cancellazione dai palinsesti tv della Rai tantissme serie animate...
non a caso però, i suoi lavori, restano tra i pochi prodotti sopravvissuti a quel periodo di inutili censure.


Più in generale si può affermare che prima dell'arrivo di Araki ( ma anche dopo ) i personaggi giapponesi invadevano lo schermo con espressioni deformate, visi rotondi e caricaturali, atti violenti spesso fini a sè stessi, tratti sofferti e movimenti sgraziati, combattimenti con mostri da incubo, oppure, quando si rivolgevano ad un pubblico meno adulto, le animazioni erano spesso stentate e poco curate, a volte anche un po' noiose.

Araki cambia da subito questa metodologia di lavoro, conferendo una bellezza senza precedenti a tutte le animazioni a cui prende parte...
In parte, sembra che ci sia una sorta di filo conduttore tra lo stile di Tezuka e il suo, i punti in comune infatti sono molteplici.
proprio in queste caratteristiche però, esaltate e via via sviluppate autonomamente negli anni, esce fuori prepotentemente il Bikei di Araki.


Prendiamo in esame alcuni esempi...

Come sarebbe stata la storia dei protagonisti di "Versailles no Bara"( Lady Oscar) sviluppata tra intrighi di corte e vessazioni subite dal popolo francese, come sarebbe stata rappresentata l'immane tragedia umana della rivoluzione francese senza la sua abile maestrìa...
Ricordiamoci che il manga originale di
Ryoko Ikeda è una grande Soap storica, dove vengono narrati principalmente gli amori e le delusioni brucianti della Principessa ( poi regina) Maria Antonietta, della stessa Oscar, ma anche di Andrè, di Fersen, del giovane Re Luigi...
eppure, dalle mani esperte di un Araki in pieno periodo "verista" esce fuori un capolavoro dell'animazione mondiale, che appassiona telespettatori di ogni età.
Ne nasce un perfetto mix di azione, romanticismo, thriller, un tutto tecnicamente perfetto, esteticamente esaltante, dove la rivoluzione francese non è solo una scusante narrativa, ma la protagonista assoluta.


I personaggi muoiono come mosche, tragicamente, come è giusto che sia.
Eppure il Bikei di Araki ci rende tutto sopportabile, amabile, consequenziale e corretto, anche se la storia ci strappa più di una lacrima prima della fine.


Così Oscar vestita da donna, attraversa il salone delle feste della règia, lei in genere così marziale e maschile, si concede per una volta il lusso della femminilità, esibendola apertamente in un mondo che cambia, mentre nobili e cortigiani, inetti e inconsapevoli guardoni, affacciano la testa alla finestra di una storia che mischia tragedia e favola, finendo poi per perderla alla ghigliottina...


...e che dire di Rocky Joe, Remì, Jenny la tennista, anch'esse opere del cosiddetto periodo "verista" di Shingo Araki, personaggi eccelsi, struggenti nelle loro tragedie, e commoventi per la gioia di arrivare ad un obiettivo dopo tanto penare e straziare di corpi...


le linee cinetiche avvolgono il braccio del pugile Joe, mentre colpisce e allo stesso tempo subisce i colpi mortali di Josè Mendoza, il campione invincibile, mentre il suo corpo si asciuga pian piano, ripresa dopo ripresa, fino all'inevitabile, drammatica, conclusione.




La racchetta di Jenny, unico baluardo che la campionessa possiede per ribattere la schiacciata vincente della rivale Madame Butterfly, mentre lei si allunga e si tuffa su ogni palla, come fosse l'ultima...


     
Istantanee, fotogrammi di una vita intera, fermo-immagine di anime tormentate che bruciano sè stesse alla ricerca della felicità e del loro compimento sublime.

Monocromie continue ed estenuanti, per ricordarci che il rosso è il colore del sangue degli eroi, il colore del fuoco che li muove, ed il blu, che dà la pace ma che è anche freddo come il cuore che non sa amare, pronto a divenire rosa o verde, a seconda dello stato d'animo che noi spettatori dobbiamo nutrire vedendo le gesta dei personaggi.



in tutto ciò Araki diventa una guida ferma, come Virgilio lo è per Dante, amorevole, perchè non vuole spaventarci, ma solo stupirci, e ricordarci che anche se ognuno di noi si rivede nelle sofferenze dei protagonisti, alla fine quelle che vediamo sono fiabe moderne, "sono solo canzonette" come direbbe qualcun altro, semplici, bellissimi cartoni animati.


E che dire dell'Araki Character Designer?
I suoi personaggi...perfetti!
Tanto crudi e spesso poco curati nella versione manga quanto gentili e funzionali al ruolo dopo essere stati ridisegnati dal Maestro di Nagoya.
Colori complementari, teoria del colore rispettatissima, simbologie, forme, tutto tende a dare una resa immediata del personaggio, sia che si tratti di un buono che di un cattivo, di un protagonista che una comparsa.
Il suo lavoro lo conosce eccome Araki, e lo dimostra ogni volta.
E i suoi personaggi (perchè diventano suoi al 100%) pur affrontando evoluzioni e cambiamenti nel corso della storia, non perdono mai di efficacia o di appeal nei confronti del telespettatore.
Duke fleed (Actarus di Goldrake) per esempio, inizialmente caratterizzato da Komatsubara come un "figlio dei fiori" che rifiuta la guerra e la violenza, con l'arrivo di Araki nella seconda parte della serie diviene un principe, senza patria, misterioso, cupo, tormentato, pallido ma bellissimo, e ogni volta che troverà l'amore, la guerra gli negherà la felicità, fino allo scontro finale, sofferto, liberatorio, che lo vedrà vincitore come una fantascientifica Cenerentola o un moderno Ulisse, finalmente pronto per tornare a casa e ricostruire il suo regno distrutto.




È tutto l'insieme estetico dello stile di Araki, che si sviluppa con tratteggi, close up, le già citate monocromie, controcampi e fermo immagine funzionali e deliziosi, decorazioni luminose e barocche che ballano attorno agli stati d'animo dei protagonisti, così che anche i racconti più realistici e drammatici diventano favole incise con un' abilità e una leggerezza godibili a chiunque, anche se sovente il personaggio sfiora la morte (o ne viene raggiunto, spesso e volentieri), sfidando le leggi della natura e degli dei, avvicinandosi alle stelle, giungendo a passo deciso verso quel sacrificio che solo gli eroi più grandi sanno affrontare.
Come ho già detto, si tratta di cartoni animati, ma anche di trame spesso epiche, storiche, magiche, e Araki con il suo Bikei ce lo ricorda, allontanando lo spettro della morte ( e spesso anche quello della vita, dura ed incomprensibile) dai nostri sonni, dai nostri sogni.

Brucia! Cosmo delle tredici stelle, brucia! Oltre i limiti del cielo..



Shingo Araki, 1939-2011

martedì 22 novembre 2011

un nuovo inizio...


Rieccomi di nuovo qui.
Dopo anni, finalmente torno a scrivere in un blog personale, un blog dedicato a ciò che faccio, ciò che penso, ciò che amo, ciò che progetto di fare.
L'ultimo, fece una brutta fine, ormai tre anni fa.
Di recente in effetti ne ho gestito uno dedicato alla disoccupazione, condizione che mi ha visto vittima e carnefice di me stesso...
Ma quello è un altro discorso, ne parlerò più in là...
per il momento l'unica cosa che voglio è dare a tutti il mio benvenuto, sperando che tutto ciò che vedrete in questo spazio web sia di vostro gradimento, dalle immagini alle opinioni che esporrò, su me stesso innanzitutto, sul fumetto, sul cinema, sull'arte in generale, e perchè no, anche sulla situazione sociale attuale, economica e politica...
stay tuned