lunedì 2 novembre 2015

Youtubers: Molto rumore per nulla?



Prima di esporre il mio pensiero, ammesso che interessi a qualcuno, premetto che la mia è una semplice riflessione, non una polemica, anche se a qualcuno potrà sembrare il contrario.
"State buoni se potete", non è così.
Nell'ultimo anno si fatto un gran parlare del fenomeno "Youtubers", che con le sue varie estensioni ha contaminato un po' tutti i media dando notorietà a tanti personaggi che magari, 20-30 anni fa, non avrebbero avuto alcun modo per emergere dalla massa...
Una sorta di rivoluzione insomma, il web che impazza e predominando nella vita di ognuno di noi oscura totalmente l'utilizzo di radio, tv e cinema come mai finora era successo.
Un tempo, se non diventavi famoso per fatti di cronaca o di politica, lo diventavi per capacità imprenditoriale, estro artistico (cinema, teatro, tv, libri, musica, arte) ma comunque veniva per lo più premiato uno studio approfondito nel tuo campo, qualunque fosse, nel bene o nel male.
E comunque non c'era questa ossessione generale da "successo", la parola "visibilità" era usata con molta più parsimonia.
Qualcuno storcerà il naso dicendo la solita frase " se eri raccomandato", ok anche quello, si si.
Ma fondamentalmente la differenza tra la gente comune e i cosiddetti "vip" del mass media era marcata e nessuno poteva improvvisarsi "mattatore" della comunicazione", dicendola più in generale.
Adesso le cose son cambiate, basta una decente videocamera, una connessione internet, qualcosa da dire che possa interessare un gruppo nutrito di persone, buona volontà e il gioco è fatto...questo almeno semplificando al massimo la questione.
E' ovvio che non tutti hanno qualcosa da dire, non tutti riescono, la maggior parte dei tentativi di esporsi pubblicamente con video non sempre riesce, anzi, il web è più colmo di fallimenti che non di successi...
Comunque una sorta di selezione naturale, di "meritocrazia" il web la garantisce...
Ma non è questo il punto della mia riflessione.
In questi giorni è in uscita al cinema "Game Therapy", un film che vede protagonisti appunto alcuni Youtubers molto seguiti dai giovani delle ultime generazioni...
Leggendo in giro recensioni e critiche non si tratta di un capolavoro (per usare un eufemismo), anzi, sembra quasi un prodottaccio creato apposta per far soldi sfruttando il successo dei ragazzi in questione...
Non mi scandalizzo per niente, si è sempre fatto, "se una cosa piace, proponila allo sfinimento" è una legge del mercato con cui conviviamo da quando siamo al mondo, valida in qualunque epoca.
Il punto non è nemmeno questo.
Dove voglio arrivare quindi?
Un attimo di pazienza e arrivo al nocciolo...
Ieri gironzolavo con mia figlia tra gli scaffali di Feltrinelli a Palermo, ovviamente una delle tappe obbligatorie, vista la comune passione, è il reparto Fumetti.
Accanto, noto per la prima volta uno scomparto interamente dedicato ai libri "scritti" da numerosi Youtubers (tra cui anche  il noto Favij del sopracitato Game Therapy)...
Altro punto importante...
3 giorni fa, a Rai2, alla trasmissione "DettoFatto" fa la sua deliziosa apparizione Giulia di Nerdkitchen (altra Youtuber), ragazza che conosco personalmente, apprezzo molto per la simpatia e la professionalità con cui divulga le sue ricette culinarie...
Another one:
Se accendete uno qualsiasi dei più seguiti canali tv potrete sicuramente imbattervi in una delle svariate pubblicità con protagonisti (appunto) Youtubers utilizzati per promuovere questo o quel prodotto.
Potrei citarli tutti, ma preferisco evitare il listone.
Ecco la mia riflessione dunque:
Se il web, nella fattispecie Youtube (e i suoi importanti "satelliti" social network ) si propongono (vengono proposti) come media a sè, rivoluzionari rispetto ai classici mezzi di comunicazione di massa, che bisogno hanno i suoi protagonisti di "emigrare" in altri lidi?
Mi spiego meglio.
Se il tuo successo è tutto sul web, i tuoi fans ti seguono qualunque "cagata" tu faccia (ed è assolutamente giusto) e lodi e rinfacci dalla mattina alla sera la superiorità delle tecnologie moderne rispetto a quelle del passato, che bisogno hai di apparire anche altrove?
Non sarà che per caso il tuo pubblico, fatto per lo più di ragazzi, di giovani, non è economicamente stabile al punto da non garantirti entrate pari a quelle di un pubblico adulto, obsoleto, poco avvezzo alle innovazioni offerte da internet, ma economicamente ancora in sella alla società?
Ecco quindi la pubblicità di Sky di Frank Matano, o quella del Leerdammer con i Jackal...
Simpatici tutti, bravissimi, ma la rivoluzione dov'è?
Favij a cinema, dov'è la grande rottura del sistema?
Non faccio accusa agli Youtubers, ma al sistema che li sfrutta, di conseguenza si, dai, anche a loro che cedono al richiamo del "contrattino".
Perchè ci sarà sempre un falso mentore pronto a portarti una cassa di soldini (che a lui rende molte casse di soldoni) che ti prenderà dalla stanzetta dove passi le giornate e ti farà entrare nel paradiso della vera, concreta visibilità, dove la gente paga davvero moneta sonante per vederti, dove altri pagano fior di milioni per farti tenere il loro prodotto in mano...

Guadagnare del proprio lavoro è giusto, se sai fare qualcosa e hai successo è sacrosanto cavalcare l'onda per far più soldi, ma questo vuol dire soltanto che la rivoluzione del web è farlocca, una fuffa e su Youtube non mangi, al massimo ti compri il cellulare nuovo.
Chi critica è obsoleto, chi ancora utilizza le vie "classiche" del successo, lastricate di sudore, studio, gavetta e si rode dalla mattina alla sera lo definisci vecchio, sorpassato, però tu ambisci segratamente ad apparire in quella scatola che è vecchia di 80 anni, su quello stesso schermo che i 100 li ha superati da un bel po'.
Dov'è la rivoluzione se il video mpeg o avi non rende un cazzo e la carta stampata invece si?

Internet, al netto delle speculazioni, non è iin grado quindi, ancora una volta diciamolo, di auto-alimentare sè stesso e suoi attori con la stessa quantità di denaro mossa dagli altri media.
Quindi il libro, lo spot tv, la partecipazione al programma, il film... non sono altro che una consacrazione, una porta aperta per la tranquillità economica che il web non dà.
Se resti sul web, puoi anche avere 1 milione di iscritti al canale, ma resti sempre il figlio di famiglia chiuso nella stanzetta e mamma e papà saranno sempre più fieri di te se ti vedono in tv, seduti sul divano la sera dopo cena.
Cambiare tutto per non cambiare nulla.
Ho finito.
Odiatemi pure.

martedì 5 maggio 2015

Il "mio" Comicon



Un altro breve capitolo della mia vita da eterno aspirante fumettista si è chiuso.
Parlo del Comicon di Napoli, fiera di cui avevo sempre sentito parlare (bene) e alla quale non avevo mai partecipato, sia in veste di autore che di semplice visitatore.

Una bella esperienza, alla fine della quale, tirando le somme, non sono rimasto deluso.
Ma come dico sempre, sono di bocca buona, basta poco per accontentarmi, anche se i pochi "nei" che ho notato, obiettivamente sono grosse e terribili storture di un sistema organizzativo che da qualche altra parte d'italia nemmeno sono ipotizzabili.

A cosa mi riferisco?
Semplice, alla faccenda dei biglietti d'ingresso.

Lo dico qui e me ne assumo tutta la responsabilità.
Alle 11 circa del mattino di OGNI giorno del Comicon, puntualmente i tagliandi per entrare alla manifestazione risultano esauriti e l'unica maniera per acquistarli è rivolgersi ad uno dei tanti bagarini ( cioè venditori abusivi, per chi non lo sapesse ) disseminati nella piazza davanti la Mostra D'Oltremare, che ovviamente non li cedono per il prezzo corretto, ma con un ricarico di almeno 15, o anche 30 euro in più (totale dai 25 euro fino ai 40).
Sottolineo, biglietti GIORNALIERI, non abbonamenti.
Si riescono a trovare SOLO i biglietti per i giorni successivi a prezzo maggiorato, ovviamente e spesso son riduzioni per ragazzi sotto i 6 anni di età (tagliandi che non vengono mai controllati all'ingresso come dovuto e tu riesci a passare con una facilità estrema).

Ora, va da sè un ragionamento logico:
Se alla biglietteria i tagliandi sono esauriti già dopo un'ora dall'apertura degli sportelli, mentre i bagarini hanno mazzette da 50, 100 biglietti in mano e se un normalissimo visitatore non può acquistarne più di due alla volta, la mia conclusione è che gli addetti alla vendita sono d'accordo con i bagarini e si spartiscono fette di introito ILLEGALE.
Chiamasi Camorra, o Mafia, se preferite, se siete siciliani (o milanesi).




Argomento perquisizioni:
é giusto, è corretto e di buon senso controllare borse e zaini di ogni visitatore, viviamo in un certo clima e posso comprenderlo.
Però non puoi sequestrare ai cosplayers (in maniera molto impari, ad alcuni si e ad altri no) armi ed accessori, quando DENTRO la fiera vi sono ben 3 stand che vendono ARMI BIANCHE vere (Katane et similia) liberamente.

Chiuso capitolo.
Quello che dovevo dire l'ho detto.



Robotics come sempre vende con la stessa forza di un vecchio motore a diesel, lento a scaldarsi e poco veloce sul lungo, ma affidabile.
Non so esattamente le cifre dei volumi venduti, ma ad occhio tra le 30 e 40 copie nei 3 giorni in cui ero presente sono sicure.
Niente male per un fumetto decisamente di nicchia, dal pubblico estremamente selezionato di cultori di fantascienza e robot, poco pubblicizzato e non legato alle meccaniche di diffusione offerte dal web odierno.
Pianificando per bene il progetto potrebbe anche andare lontano.

In tal senso, la mia chiaccherata di quasi un'ora con Lucio Staiano, boss di Shockdom è molto illuminante e produttiva per entrambi.
Io faccio ammenda delle esternazioni alle volte un po' eccessive, lui si impegna per una maggiore progettualità sui prodotti da pubblicare (incluso ovviamente Robotics), in un clima di rinnovata stima e voglia di collaborare al meglio delle possibilità di entrambi.



A proposito di prodotti Shockdom, per tutta la fiera non si fa altro che parlare (nel bene e nel male) dello Scottecs di Sio.
Io l'ho avuto accanto a disegnare per tutti i 3 giorni e posso solo dire una cosa.
Sio è un professionista IMMENSO.
Può piacere o meno, si ama o si odia, non esiste una via di mezzo e io stesso non ho mai allacciato con lui un rapporto personale che vada oltre la semplice conoscenza, però posso affermare senza paura di smentita che non ho mai visto nessun autore di fumetti reggere 400 e più fans al giorno ai quali lui dona tutto sé stesso con selfie, gags, disegni, dediche, senza mai perdere un colpo, senza mai calare di intensità, facendo sentire tutti importanti, dal bambino più piccolo all'adulto più navigato, assorbendo con calma e lucidità anche l'impatto dei sostenitori più "irruenti".
Stima suprema, soprattutto poi quando mi volto e vedo altri professionisti dell'arte sequenziale con decenni di carriera tirarsela come divi del cinema, sia con colleghi che con appassionati.

In egual misura estendo la mia ammirazione e la mia valutazione positiva a tutti gli altri ragazzi della "crew" di Shockdom, che magari non saranno maestri indiscussi del fumetto, magari non vendono tanto quanto Sio, ma sono instancabili e disegnano senza mai fermarsi, dalla mattina alla sera inchiodati sul bancone dello stand.

Albo, Dado, Fubi, Bigio, Angela Vianello, Jessica Cioffi, la new entry Fraffrog (nuova per Shockdom, ovviamente), Stefano Antonucci, Daniele Fabbri (anche loro new entry), sono tutti autori da cui chiunque può prendere esempio per la professionalità con cui portano avanti idee e progetti validissimi.

Chapeau.


Il Comicon per me è una ventata d'aria fresca, non soltanto in senso metaforico.
Da oltre un anno ero chiuso in casa, a disegnare, scrivere, riflettere, sommerso da problemi di salute e dalla volontà di isolarmi da tutto e da tutti.
Inevitabilmente stavo perdendo il contatto con la realtà, trincerato nel mio piccolo mondo con un unica finestra, Facebook, che spesso distorce la percezione del mondo e delle persone che ti circondano.

Quindi è stata la fiera degli incontri...

E' stato meraviglioso ritrovare Enzo Troiano, il suo affetto, la sua allegria, i suoi cartonati coloratissimi, un professionista vero, un uomo a cui è impossibile non voler bene... sempre con il suo "compare" Luca Presicce, indomito animale da fiera, con la sua allegra flemma e gli immancabili occhialoni...



E' stato un piacere riavvicinarmi a Fabio Celoni, conosciuto di sfuggita ai tempi della Scuola del Fumetto (taaaaanto tempo fa) e scoprirlo una persona disponibile e gioviale oltre che uno dei più dotati e potenti professionisti del fumetto in circolazione (che PK che ha disegnato, se solo aveste potuto ammirarlo da vicino come ho fatto io!!! Che mano felicissima che ha!! Poesia e controllo totali! )...
Stima incondizionata.

Poi i saluti di sfuggita, come quello ricevuto dal sempre ombroso Recchioni, o dall'"Onnipresente" Maestro Palumbo, le due chiacchere con Alessandro Bottero, il mio "socio " Francesco Polizzo,  Alessandro Di Virgilio, Laura Scarpa, Emanuele Di Giorgi in "pigiama" con consorte (Concetta Pianura) e prole, freschi freschi di matrimonio...

I primi incontri dopo una lunga conoscenza via web, con Paola Del Prete, talento immenso, bravissima e simpatica, Salvatore Pascarella (minchia che altezza guagliò!), Enrico Ruocco (breve ma intenso)...

Il mio sentito grazie ai ragazzi (di "Benhento") che hanno gestito lo stand, simpatici, disponibili e  professionali.
Hanno contribuito non poco a farci sentire tutti a nostro agio.

Ma soprattutto per me resterà la fiera della napoletanità, della strana e rara (in altre città) situazione in cui sei immerso quando vai a Napoli, dove non ti senti MAI solo, dove tutti ti parlano e ti coinvolgono in conversazioni senza nemmeno conoscerti con la stessa facilità con cui si respira.

Il mio Comicon è anche il Comicon di Rosario, uno dei miei più cari e vecchi amici di sempre.
Non aggiungo altro su di lui tranne che "te l'avevo detto"...
Lui capirà.


Ora basta, si torna a lavorare.
Arrivederci a Giugno, Catania, Etnacomics 2015.

Un mese, un mese soltanto, ma già non sto più nella pelle.

In fede,
Claudio "Claps" Iemmola

domenica 22 marzo 2015

L'oggetto del desiderio... croce e delizia



Provate a chiedere una lista dei desideri ad un qualsiasi illustratore e 8 volte su 10 otterrete tra le risposte la seguente: "una Cintiq".

Per precisare, a beneficio di chi non conosce l'articolo, parliamo di una "tavoletta grafica a display interattivo Wacom Cintiq".

Una definizione abbastanza articolata che però non basta a racchiudere tutte le potenzialità di questa gamma di oggetti tecnologici che in molti desiderano, ma che non sempre, a causa dell'elevato costo di vendita, tutti riescono ad avere.

La scelta è ampia, Wacom ne ha prodotto negli anni diverse tipologie adatte a quasi tutte le esigenze, professionali ed economiche, e, grazie ad una sempre maggiore esperienza nel campo (che parte dalle tavolette grafiche classiche), è stata mondialmente consacrata come leader indiscusso del mercato.

Si parte dalla "piccola" 12 pollici (adesso sostituita in catalogo dalla 13) fino ad arrivare alla gigantesca (appena arrivata) 27 pollici hd touch (cioè utilizzabile anche senza la penna, ottima per la modellazione 3d).

Generalizzando (nessuno me ne voglia), quando si ha davanti una Cintiq sembra quasi che si possa fare tutto e il contrario di tutto nella produzione di grafica, fumetti, illustrazioni e questo sembra un pensiero condiviso dalla gran parte delle persone che ne agognano il possesso, che siano professionisti navigati o semplici dilettanti.

Poi, vabbè, esistono anche i "puristi" della matita che mai e poi mai si avvicinerebbero ad un simile oggetto, perchè "ma scherzi, io non rinuncerei mai all'odore della grafite, del foglio di carta, alle macchie di colore sulle mani" e sembra quasi un derby tra chi mangia carne e vegetariani, o tra milanisti ed interisti, tra bene e male etc etc...

Una cosa è certa, quando hai una Cintiq il passato non esiste più.
E' una strada senza ritorno, un tunnel da cui è impossibile uscire, esattamente come la più pesante delle dipendenze.
Droga tecnologica.
Provatela.
Poi mi direte.

Lasciando da parte queste considerazioni, io una Cintiq l'ho.

anzi, ne ho avute 2.

Per 3 anni una da 12 pollici che mi è stata compagna fedele in tantissimi lavori professionali, mi ha aiutato a trovare un segno distintivo, una personalità e una sicurezza nel disegno che prima non avevo.
Ho avuto la possibilità di passare al tanto sognato modello superiore e l'ho sfruttata, così adesso possiedo una 22 pollici.

Qualcuno penserà "che culo che hai"...
E' vero.

Ma aspettate un attimo prima di invidiare me o qualunque altro possessore di Cintiq, perchè le cose non sono così facili.
Premetto un dettaglio, magari a qualcuno sfugge, per altri è un'ovvietà, ma mi piace sottolinearlo:
Senza una buona base di tecnica del disegno, di pazienza, di metodo, di capacità (per dirla più in generale), la Cintiq non serve a nulla. E' un bell'oggetto e basta.
Meglio non comprarla, un televisore lcd a quel punto è la stessa cosa.

Ma anche nel caso in cui i presupposti sopra elencati non vi manchino, non è affatto scontato che la Cintiq possa portarvi alcun vantaggio lavorativo.

Io ne so qualcosa, almeno per il momento.
O meglio, ne so qualcosa per quanto riguarda l'uso di un modello più grande, cioè dall'area di lavoro più estesa.

Sissignori, al momento, dopo 5 mesi di utilizzo, non sono riuscito a trovarne la comodità.
Probabilmente tra 2 mesi o 6 questa mia considerazione non mi troverà più d'accordo perchè avrò trovato l'equilibrio nell'uso di questo strabiliante oggetto, ma al momento le cose stanno esattamente così.

Spiego il perchè.
E' assolutamente vero che la grandezza del display permette di avere una migliore visione di ciò che si realizza, puoi vedere una tavola a fumetti intera, in grandezza pressochè naturale, però di pari passo, aumenta anche la capacità di zoom che si può ottenere per lavorare sui dettagli.
Questo si traduce non soltanto in un vantaggio, ma anche in un aumento delle dimensioni di ciò che si lavora, un aumento del tempo, in una leziosità che va a scapito della praticità d'impiego.

Più grande è la tavoletta, in soldoni, più disegni e non ne esci più.
Un autentico dramma a pensarci bene, perchè stando così le cose, appena vi accingere ad iniziare un nuovo lavoro, suderete freddo perchè se avete lo stesso problema mio sarete consapevoli che vi attenderà una mole di lavoro impressionante, un horror vacui di tratti pronto a sprofondare ogni vostra mira creativa e sfiancare ogni volontà realizzativa.

Un problema all'apparenza stupido, lo so, forse qualcuno mi riderà dietro tacciandomi come dilettante, ma forse non così raro come ostacolo e non così stupido come si può pensare.

Ho parlato infatti con altri colleghi e molto spesso hanno condiviso gli stessi racconti e la stessa frustrazione.

Quindi, in conclusione, se avete in previsione di fare un acquisto importante (le cifre dei prezzi parlano da sole) e investire in una Cintiq, non fatevi cavalcare dall'entusiasmo, respirate a fondo, contate fino a 140.000.000 e poi decidete.
Forse si, è l'oggetto dei vostri desideri, ma si sà, mano e cervello non sempre sono coordinati, anche in ciò che si vuole davvero...

In fede
Claudio Claps Iemmola



giovedì 19 marzo 2015

Le mani avanti, la matita nel cassetto...


Diversi anni fa lessi una risposta di Laura Scarpa ad un lettore di Scuola di Fumetto (Coniglio editore, versione cartacea) che le poneva una questione, secondo me importantissima, che più o meno suonava così:" Può un disegnatore part time sfondare nel mondo del fumetto?"
Senza mezzi termini ( nello stile asciutto ma gentile che tanto apprezzo della mia ex prof ) ella rispose, in sintesi "NO".

Lì per lì la risposta non mi trovò affatto d'accordo, ricordo che ne rimasi quasi indignato, come se avesse chiuso la porta ad una ulteriore discussione sull'argomento, trattando la cosa a mo' di taboo, un comandamento irrevocabile facente parte di una bibbia invisibile e condivisa da tutti, un decreto che di fatto, ai tempi, mi tagliava le gambe senza appello, visto che io stesso lavoravo come operaio e avevo poco tempo da dedicare al disegno.

Pochi anni dopo però la mia vita prese altre direzioni, il fato (e anche la mia determinazione/rabbia) decise che io tornassi a disegnare a tempo pieno, situazione che attualmente perdura, nonostante le difficoltà economiche generali.

Ora, soprassedendo sulle motivazioni (lecite) che spingono una persona ad accantonare una passione per fare altro, per il solo scopo di campare se stessa e la propria famiglia, io mi chiedo: Sono più fortunati quelli che campano di disegno oppure si tratta semplicemente di una mera questione darwiniana di selezione naturale?
O meglio, è il disegnatore che si taglia le gambe da sè, pregiudicando una carriera oppure realmente (ed improbabilmente) il fulcro del discorso è che bisogna avere la fortuna di essere le persone giuste al momento giusto?

Una cosa che ho sempre detto, prendendo come esempio me stesso, è che io non sono un disegnatore eccelso.
Non creo immagini complesse, nè altamente spettacolari, non sono realistico come vorrebbe un certo tipo di mercato, ma nemmeno così grottesco e giocoso da poter trovare una collocazione in altri segmenti editoriali.
Come direbbe qualcuno di mia conoscenza, non sono nè carne nè pesce.
L'unica caratteristica che mi contraddistingue, anche se minimamente, dalla massa, sono i robot.
Li disegno continuamente, li respiro, li studio, li amo, per me sono tutto, da quando sono al mondo.
Non disperdo, se possibile, le mie energie creative in altri soggetti.
Ma anche nel disegnare robot sono molto "vintage", ignoro (volutamente però) i design più moderni in favore di forme più stereotipate e sommarie (cioè non entro nei dettagli del design industriale puro e funzionale).
Questo fa di me un potenziale concorrente in un gioco di mercato?
Ancora non lo so, potrei dire forse, ma al momento mi limito a dire "speriamo".

Dove voglio arrivare dopo questo esempio personale?
Semplicemente ad una conclusione, che se in passato non ho lavorato, o partecipato ad importanti pubblicazioni nazionali e oltre, è stato solo per mio demerito.

Forse, anzi, è certo, ai tempi avevo l'abitudine (pessima) di buttare la colpa verso gli altri, o verso eventi specifici della vita, ma adesso, col senno di poi e acquisita una parvenza di maturità dovuta all'età, dico senza pudore che la colpa è mia e soltanto mia.

Colpa della paura a farmi avanti, a propormi, della mia pigrizia nell'approfondire lo studio di certi dettagli importantissimi per un fumettista (struttura, anatomia, prospettive), del mio giustificare come sperimentazione quelli che erano in realtà solo palliativi in una situazione di qualità non eccelsa, delle sempre presenti scorciatoie nel metodo lavorativo.

Vedendo le cose da questo punto di vista il quadro è sconfortante, c'è da non credere che nell'ultimo anno sia riuscito a pubblicare qualcosa, o che negli ultimi 3 anni io abbia lavorato per una delle più ambite agenzie pubblicitarie d'europa.
Si potrebbe gridare semplicemente "bucio de culo".
Infatti lo faccio.

"Bucio de culo"!!!

L'unico merito che mi attribuisco è quello di esserne stato consapevole e quindi essermi alzato dal letto alle 5 del mattino ogni giorno e aver disegnato senza sosta fino alle 23 in tutti questi ultimi anni.

"Bucio de culo" lo stesso.

Trasportiamo il discorso al sottobosco fumettistico che pullula sui social network, quello di cui parlai tempo addietro, composto da disegnatori forse talentuosi da giovani, ma che han dovuto fermare la loro crescita artistica per svariati motivi...

Gente che magari la mattina timbra un cartellino, si siede ad una scrivania con davanti un pc e sbriga pratiche, gente che entra in fabbrica alle 6 e ne esce alle 17, gente che scarica frutta e verdura e che ha un contratto per sei mesi e dopo, se non è un call center ad assumerli chissà che fine farà.
Ecco, a questa massa di (involontariamente tragici) eroi moderni, figli di un sogno infranto, chi ha il coraggio di dire loro "Ehi, se non sei riuscito nella vita son due le cose, o non ti sei impegnato abbastanza oppure non eri davvero bravo come ti dicevano mamma e papà", chi potrà mai dirglielo in faccia senza avere l'imbarazzo di vedere lo sguardo basso per la vergogna o per la rabbia di una vita buttata al vento?

Nessuno lo fa, ipocritamente si lascia un like su questa o quella pagina fan con 100, 200 amici e tu, si, proprio tu, dico a te che sei un vero professionista, che lavori per "l'Ammerica" dal lunedì al mercoledì, per la Bonelli da giovedì al sabato e la domenica per la "France", perchè non dici che in realtà quel disegno che il fumettaro part time ha pubblicato è orrendo, che manca l'equilibrio, che la prospettiva è storta e che il poveraccio ha buttato via i soldi dei suoi genitori perchè la scuola di fumetto non gli è servita ad un cazzo?

Diglielo una buona volta che non farà mai il fumettista professionista, che la mamma e papà lo hanno fatto selvaggiamente, che la cacca esce dal culo e le donnine di playboy scoreggiano come la Sora Lella e Frank Matano messi assieme.

"Tu non sarai mai un fumettista.
Mai.
Piangi, sfogati, che ti fa bene.
E' colpa tua.
Non esistono raccomandati nel mondo del fumetto, non è colpa della tendenza di mercato, non c'è un governo ombra o una cospirazione occulta contro di te.

E' solo colpa tua. Ciao."

Si, ma diglielo però, prima che gli ridano dietro.
Prima che una casa editrice dilettante lo sfrutti illudendolo ancora di più.

E' colpa sua.
Diglielo.

Ciao

domenica 1 marzo 2015

Sissignori, l'ho visto due volte: Automata. Anzi no, Robotics!



Appena 48 ore fa ho deciso di vedere Automata, un film di fantascienza del 2014 e uscito nelle sale italiane proprio in questi giorni.
Diretto da Gabe Ibáñez, con un tenebrosissimo, nostalgico e tormentato Antonio Banderas (attore che personalmente adoro in particolar modo da sempre ) e, tra gli altri, Dylan McDermott,  Melanie Griffith (irriconoscibile, credetemi) , Birgitte Hjort Sørensen, Robert Forster.

Detto in sintesi, fin da subito mi è sembrato di star davanti ad un nuovo Blade Runner, più leggero e in salsa spagnola.
Ne sono rimasto piacevolmente colpito.
Ma diciamola tutta.
Sono i robot che me lo fanno piacere.
Molto volgarmente e senza troppi giri di parole, il motivo è quello.
Si, perchè a me potete far vedere di tutto, persino l'horror (ancora mi spaventa, si si), ma anche le telenovele brasiliane più dozzinali, però se ci sono i robot io resto incollato davanti lo schermo e per me diventa la visione più bella del mondo, anche se gli attori dicono "merda" o "culo"per 90 minuti.

E' il mio punto debole.
Non sto qui, oggi, ad indagare o approfondire i motivi psicologici di questa mia ossessione, però è grazie ad essa che al momento il mio principale impegno fumettistico è giusto appunto incentrato sui robot e sulla stessa fantascienza distopica e apocalittica narrata in Automata.
Ovviamente parlo di Robotics, e , ovviamente, sto accostando la mia creatura al film con Banderas.

Le similitudini sono tantissime e non mi riferisco solamente alla presenza dei droidi, sarebbe oltremodo superficiale e banale.





Partiamo dalle atmosfere, quindi anche dai presupposti della storia.
Il plot, senza svelare o anticipare nulla più di ciò che si vede nel trailer o nelle tante immagini diffuse in rete, è identico in maniera disarmante.
Radiazioni, devastazione, deserti, mari scomparsi e umanità in estinzione, insomma una dilagante disperazione che però, per quanto possibile, non ha veramente impedito alla società organizzata di sopravvivere.

Come anche in Mad Max o Hokuto No Ken che dir si voglia ( ma anche in Matrix, L'esercito delle 12 scimmie/col virus e in tanti altri racconti di genere), sono presenti gli stessi presupposti.

Altra similitudine con Robotics è la volontà della razza umana di rivolgersi all'idea "automa" per risolvere un problema.
Poi, c'è il successivo fallimento di tale azione e le conseguenze che esso porta che muovono la drammaturgia principale.
Se non fosse per la presenza degli umani, direi proprio che han fatto il film di Robotics.

Non sto affatto dicendo che c'è un plagio, attenzione, sarei un cretino presuntuoso a farlo, chiarisco fin da subito questo concetto prima che qualcuno incorra in un equivoco.

Infatti, mentre io (insieme a Francesco Polizzo e Giacomo Pilato) lavoravo alla stesura della storia e poi alla realizzazione delle tavole del primo volume di Robotics, nessuno sapeva dell'esistenza di questo piccolo gioiellino del cinema di fantascienza, così come regista, autori e attori di Automata non potevano sapere della nostra (Robotics non era ancora stato pubblicato).
Ciò sta a significare che nessuno ha inventato nulla e nessuno ha copiato nessuno.

Come sono arrivato io alle conclusioni narrative di Robotics sono arrivati anche gli autori di Automata e, come noi, qualcun altro c'è arrivato prima (come mi faceva notare il sempre attento e preparato Massimo Perissinotto in un post su facebook di qualche mese fa citandomi "La leggenda dei robot" di William Voltz ) e vi arriverà di certo in futuro qualcun altro...



No, non è di plagio che voglio parlare, ma di mera soddisfazione personale...
Sarò strano io, evidentemente, perchè per me vedere Automata, con tutte le somiglianze con il mio Robotics è motivo di vanto e vuol dire che son stato bravo, abbastanza da poter anche sognare in grande ma senza strafare.
Vuol anche dire che una fetta di mercato interessata a quel che faccio c'è, persino al cinema, che poi è dove mi piacerebbe arrivare, un giorno.

Tornando al film spagnolo, come dicevo, gli elementi comuni ci son tutti.
Troppi a dire il vero, ed è quasi imbarazzante.
Persino certi concetti espressi in alcune frasi, anzi, in un paio di casi troviamo frasi assolutamente identiche (se ne accorgerà chi ha letto Robotics)...
Inoltre risultano simili sia la tecnologia con cui vengono giustificati i robot (nota per chi scrive recensioni, si dice ROBOT al plurale e non ROBOTS, signori saccentoni del pupparuolo) che la loro presunta coscienza, o le batterie nucleari (in Robotics chiamati Core), anche la problematica del vivere o sopravvivere, dell'evoluzione, dei sentimenti e chi più ne ha più ne metta.



Il ritmo è lento all'inizio e velocizzato solo quando serve...
Il trattamento stilistico è senza CG in Automata (son tutti animatronics, tranne uno, vediamo chi indovina), così come senza troppa spettacolarizzazione delle immagini (inutile) in Robotics e il design dei mecha (con solo 3 o 4 caratterizzazioni, molto retrò e semplici) è essenziale e richiama tantissimo lo stile vintage di Dreamer & company...



Insomma, non so se si comprende, ma mi sono innamorato.

E' uno stimolo forte per me, il classico vento in poppa che fa andare avanti e mi fa sognare ancora, spingendomi a continuare a narrare quel mondo fantastico che ho in testa.

Che dire, andate a vederlo se potete.
Non è Blade Runner, ma ci va vicino.
Peccato che lo abbiano datato dandogli una collocazione temporale.
2044.
io non lo avrei mai fatto.

meglio io.

Lunga vita e prosperità (e ricordiamo l'amato Leonard Nimoy, scomparso l'altro ieri)...




In fede
Claps iemmola



venerdì 16 gennaio 2015

Un tragico scherzo...




Tra tutte le trasmissioni televisive sopravvissute dagli anni 90 ad oggi Le Iene è sicuramente quella che più spesso scatena polemiche nell'opinione pubblica.
Tacciata più volte di imbrogliare il pubblico con finti servizi, ad onor del vero è stata in grado più volte di smuovere il grande pubblico italiano a schierarsi su certe problematiche (spesso) sociali.
Personalmente non sono mai stato un assiduo utente del programma, non apprezzo molto i facili populismi anche se conditi di approfondimento.
Alle volte l'ho trovato perfino fastidioso per quel suo mix artefatto di cabaret, voyerismo e difesa dei valori sociali da tutte le ingiustizie (presunte o reali).
Però ammetto che tra tutti i programmi Mediaset è di certo il più apprezzabile. Da sempre.
Diciamo che se mentre fo' zapping trovo Le Iene, lascio in attesa della prima pausa pubblicitaria, se trovo altro cambio e abbandono senza sentirmi in colpa.

Da quando però Cristiano Pasca, mio vecchio e caro amico d'infanzia, è approdato nello staff della nota trasmissione il mio interesse è aumentato, anche solo allo scopo di seguirne il percorso artistico, per una questione affettiva e perchè no, anche professionale.
Perchè sto scrivendo questo post?
Semplice...
Ieri sera è andato in onda XLove, diciamo una "costola" de Le Iene che tratta per lo più di temi che hanno a che fare con l'amore in tutte le sue declinazioni moderne, la vita di coppia, il sesso e tutto ciò che nel bene e nel male gira attorno ad esso.

Avviene che il buon (e bravo) Cristiano, organizza uno scherzo televisivo ad alcuni dei suoi migliori amici, tutti rigorosamente palermitani, ragazzi che tra l'altro in parte conosco e frequento per motivi di lavoro ( ed è anche molto piacevole farlo).

Roberto Pizzo
, cabarettista, astro nascente del panorama locale nella comicità e Lorenzo Pasqua, animatore, artista grafico e partner dello stesso Pizzo in numerose "scorrerie" cabarettistiche.
Bravissimi e brillanti entrambi, ottimi ragazzi, non lo dico per piaggeria ma per sincera ammirazione.
Terza vittima dello scherzo organizzato dal Pasca è Gioacchino Cottone, musicista di belle speranze anche lui.

In cosa consiste lo scherzo?
In sintesi, far credere, con la complicità delle rispettive fidanzate, di essere prossimi a diventare papà e vederne la reazione.
Sottolineo che lo scherzo è assolutamente reale.





Il video è facilmente visionabile qui per cui non mi dilungo nel raccontarlo nei dettagli.

L'aspetto che però più mi ha colpito e mi ha spinto a scriverne è un altro.
Una riflessione, onesta, priva di giudizio, che spesso ho fatto in situazioni simili.

I due ragazzi che io conosco, ripeto, di persona, Roberto e Lorenzo, normalmente appaiono come molto sicuri di loro stessi, dritti verso un certo tipo di strada professionale, non traspare affatto alcuna insicurezza o tentennamento sulla propria vita.
Questo, ovviamente è ciò che appare dopo un paio d'ore al pub, davanti una birra, a parlare di lavoro o cazzeggiando su altro.
Ma lo stesso risultato si evince dai post su facebook, odierno rivelatore di paranoie o di personalità.

Ripeto e confermo, due bravissimi ragazzi, Roberto e Lorenzo (non conosco Gioacchino, non posso parlarne ma essendo un amico comune di amici no ho alcun dubbio sulla sua bontà ), anche modesti rispetto alla media degli spocchiosi e presuntuosissimi coetanei (e non) palermitani, però l'effetto che fa il filmato è di "crollo del castello di sabbia".

Mi spiego meglio...

Chi frequenta Palermo è abituato a subire gli spot auto-celebrativi della bravura di questo o quel conoscente, l'impressione è sempre quella di essere attorniati da geni veri e propri, però chissà perchè Palermo resta sempre una città di merda dove le cose migliori vanno puntualmente in vacca.
Ci si chiede di conseguenza a cosa servano tutte queste persone "speciali" che tanto spesso si vantano, o dove vadano a finire tutte le dichiarazioni d'intenti se poi va tutto sempre male, anzi peggio.
Spesso mi coglie una giustificata sensazione di bluff generalizzato, dove tutti dicono di essere qualcosa che in realtà non sono e non saranno mai, ma fa figo dirlo.
Non soltanto.
Ripenso poi a tutte quelle frasi dette a posteriori dove la giustificazione al fallimento è sempre la stessa, cioè "è colpa degli altri".
Il concetto sopracitato di "castello di sabbia" che crolla nei nostri tre eroi di questa storia è perfettamente condensato nella tragica frase pronunciata da Roberto che si autodefinisce uno "spiantato" e che "non sa fare nessun lavoro nella vita".

Dinanzi alla prospettiva, in apparenza. inevitabile, di doversi assumere la responsabilità della vita di un bambino crollano tutti i muri, tutte le difese, tutte le sicurezze, reali e non, quelle autentiche e quelle spavaldamente dichiarate, persino la consapevolezza di sè stessi, con la terribile prospettiva di doversi auto-ridefinire ai propri occhi e a quelli degli altri.
E' come se il Pasca avesse fornito, con un drammatico"offro io", una seduta full immersion di psicanalisi ai 3 amici con le conseguenze molto intime di una pubblica dichiarazione di nullità, di fallimento preventivo dinanzi ad una realtà innominabile e inarrestabile definita da molti "crisi umana" ma che io sempre più spesso chiamo "inadeguatezza alla vita".
Una situazione tipica dei nostri giorni purtroppo, per motivi economici e di mancanza di opportunità che vuoi o non vuoi devi affrontare e che solo pochi rarissimi fortunati possono permettersi di ignorare o di affrontare in maniera vincente.
Una situazione che l'80% delle persone che ho attorno non ha provocato, ma purtroppo il sistema pretende ugualmente che la si debba subire tutti in egual misura, tranne chi l'ha causata.

Non entro nelle implicazioni politiche o storiche, non è l'analisi del contesto lo scopo di questo post.
Non ne sono in grado, non è nemmeno il mio compito.

Ciò che mi preoccupa è il domani di questi ragazzi.
Come li vedranno da oggi in poi tutti quelli che li conoscono?
Daranno loro lo stesso credito dei giorni passati o diventeranno delle vuote silhoutte di cartone?
Non che a Palermo faccia alcuna differenza, sia chiaro, però il dubbio me lo pongo.

Voglio essere ottimista, senza colpevolizzare affatto Cristiano, voglio pensare che abbia dato (e voluto dare) una sonora svegliata ai suoi (nostri e comuni) già volenterosi amici affinchè prendano in mano la propria vita con piglio più deciso che mai e realizzare davvero loro stessi, senza procrastinare, senza scusanti, senza attenuanti ambientali, senza pontificare, ma solo con ferrea, atarassica determinazione.

Lunga vita e prosperità

Claps