domenica 22 marzo 2015

L'oggetto del desiderio... croce e delizia



Provate a chiedere una lista dei desideri ad un qualsiasi illustratore e 8 volte su 10 otterrete tra le risposte la seguente: "una Cintiq".

Per precisare, a beneficio di chi non conosce l'articolo, parliamo di una "tavoletta grafica a display interattivo Wacom Cintiq".

Una definizione abbastanza articolata che però non basta a racchiudere tutte le potenzialità di questa gamma di oggetti tecnologici che in molti desiderano, ma che non sempre, a causa dell'elevato costo di vendita, tutti riescono ad avere.

La scelta è ampia, Wacom ne ha prodotto negli anni diverse tipologie adatte a quasi tutte le esigenze, professionali ed economiche, e, grazie ad una sempre maggiore esperienza nel campo (che parte dalle tavolette grafiche classiche), è stata mondialmente consacrata come leader indiscusso del mercato.

Si parte dalla "piccola" 12 pollici (adesso sostituita in catalogo dalla 13) fino ad arrivare alla gigantesca (appena arrivata) 27 pollici hd touch (cioè utilizzabile anche senza la penna, ottima per la modellazione 3d).

Generalizzando (nessuno me ne voglia), quando si ha davanti una Cintiq sembra quasi che si possa fare tutto e il contrario di tutto nella produzione di grafica, fumetti, illustrazioni e questo sembra un pensiero condiviso dalla gran parte delle persone che ne agognano il possesso, che siano professionisti navigati o semplici dilettanti.

Poi, vabbè, esistono anche i "puristi" della matita che mai e poi mai si avvicinerebbero ad un simile oggetto, perchè "ma scherzi, io non rinuncerei mai all'odore della grafite, del foglio di carta, alle macchie di colore sulle mani" e sembra quasi un derby tra chi mangia carne e vegetariani, o tra milanisti ed interisti, tra bene e male etc etc...

Una cosa è certa, quando hai una Cintiq il passato non esiste più.
E' una strada senza ritorno, un tunnel da cui è impossibile uscire, esattamente come la più pesante delle dipendenze.
Droga tecnologica.
Provatela.
Poi mi direte.

Lasciando da parte queste considerazioni, io una Cintiq l'ho.

anzi, ne ho avute 2.

Per 3 anni una da 12 pollici che mi è stata compagna fedele in tantissimi lavori professionali, mi ha aiutato a trovare un segno distintivo, una personalità e una sicurezza nel disegno che prima non avevo.
Ho avuto la possibilità di passare al tanto sognato modello superiore e l'ho sfruttata, così adesso possiedo una 22 pollici.

Qualcuno penserà "che culo che hai"...
E' vero.

Ma aspettate un attimo prima di invidiare me o qualunque altro possessore di Cintiq, perchè le cose non sono così facili.
Premetto un dettaglio, magari a qualcuno sfugge, per altri è un'ovvietà, ma mi piace sottolinearlo:
Senza una buona base di tecnica del disegno, di pazienza, di metodo, di capacità (per dirla più in generale), la Cintiq non serve a nulla. E' un bell'oggetto e basta.
Meglio non comprarla, un televisore lcd a quel punto è la stessa cosa.

Ma anche nel caso in cui i presupposti sopra elencati non vi manchino, non è affatto scontato che la Cintiq possa portarvi alcun vantaggio lavorativo.

Io ne so qualcosa, almeno per il momento.
O meglio, ne so qualcosa per quanto riguarda l'uso di un modello più grande, cioè dall'area di lavoro più estesa.

Sissignori, al momento, dopo 5 mesi di utilizzo, non sono riuscito a trovarne la comodità.
Probabilmente tra 2 mesi o 6 questa mia considerazione non mi troverà più d'accordo perchè avrò trovato l'equilibrio nell'uso di questo strabiliante oggetto, ma al momento le cose stanno esattamente così.

Spiego il perchè.
E' assolutamente vero che la grandezza del display permette di avere una migliore visione di ciò che si realizza, puoi vedere una tavola a fumetti intera, in grandezza pressochè naturale, però di pari passo, aumenta anche la capacità di zoom che si può ottenere per lavorare sui dettagli.
Questo si traduce non soltanto in un vantaggio, ma anche in un aumento delle dimensioni di ciò che si lavora, un aumento del tempo, in una leziosità che va a scapito della praticità d'impiego.

Più grande è la tavoletta, in soldoni, più disegni e non ne esci più.
Un autentico dramma a pensarci bene, perchè stando così le cose, appena vi accingere ad iniziare un nuovo lavoro, suderete freddo perchè se avete lo stesso problema mio sarete consapevoli che vi attenderà una mole di lavoro impressionante, un horror vacui di tratti pronto a sprofondare ogni vostra mira creativa e sfiancare ogni volontà realizzativa.

Un problema all'apparenza stupido, lo so, forse qualcuno mi riderà dietro tacciandomi come dilettante, ma forse non così raro come ostacolo e non così stupido come si può pensare.

Ho parlato infatti con altri colleghi e molto spesso hanno condiviso gli stessi racconti e la stessa frustrazione.

Quindi, in conclusione, se avete in previsione di fare un acquisto importante (le cifre dei prezzi parlano da sole) e investire in una Cintiq, non fatevi cavalcare dall'entusiasmo, respirate a fondo, contate fino a 140.000.000 e poi decidete.
Forse si, è l'oggetto dei vostri desideri, ma si sà, mano e cervello non sempre sono coordinati, anche in ciò che si vuole davvero...

In fede
Claudio Claps Iemmola



giovedì 19 marzo 2015

Le mani avanti, la matita nel cassetto...


Diversi anni fa lessi una risposta di Laura Scarpa ad un lettore di Scuola di Fumetto (Coniglio editore, versione cartacea) che le poneva una questione, secondo me importantissima, che più o meno suonava così:" Può un disegnatore part time sfondare nel mondo del fumetto?"
Senza mezzi termini ( nello stile asciutto ma gentile che tanto apprezzo della mia ex prof ) ella rispose, in sintesi "NO".

Lì per lì la risposta non mi trovò affatto d'accordo, ricordo che ne rimasi quasi indignato, come se avesse chiuso la porta ad una ulteriore discussione sull'argomento, trattando la cosa a mo' di taboo, un comandamento irrevocabile facente parte di una bibbia invisibile e condivisa da tutti, un decreto che di fatto, ai tempi, mi tagliava le gambe senza appello, visto che io stesso lavoravo come operaio e avevo poco tempo da dedicare al disegno.

Pochi anni dopo però la mia vita prese altre direzioni, il fato (e anche la mia determinazione/rabbia) decise che io tornassi a disegnare a tempo pieno, situazione che attualmente perdura, nonostante le difficoltà economiche generali.

Ora, soprassedendo sulle motivazioni (lecite) che spingono una persona ad accantonare una passione per fare altro, per il solo scopo di campare se stessa e la propria famiglia, io mi chiedo: Sono più fortunati quelli che campano di disegno oppure si tratta semplicemente di una mera questione darwiniana di selezione naturale?
O meglio, è il disegnatore che si taglia le gambe da sè, pregiudicando una carriera oppure realmente (ed improbabilmente) il fulcro del discorso è che bisogna avere la fortuna di essere le persone giuste al momento giusto?

Una cosa che ho sempre detto, prendendo come esempio me stesso, è che io non sono un disegnatore eccelso.
Non creo immagini complesse, nè altamente spettacolari, non sono realistico come vorrebbe un certo tipo di mercato, ma nemmeno così grottesco e giocoso da poter trovare una collocazione in altri segmenti editoriali.
Come direbbe qualcuno di mia conoscenza, non sono nè carne nè pesce.
L'unica caratteristica che mi contraddistingue, anche se minimamente, dalla massa, sono i robot.
Li disegno continuamente, li respiro, li studio, li amo, per me sono tutto, da quando sono al mondo.
Non disperdo, se possibile, le mie energie creative in altri soggetti.
Ma anche nel disegnare robot sono molto "vintage", ignoro (volutamente però) i design più moderni in favore di forme più stereotipate e sommarie (cioè non entro nei dettagli del design industriale puro e funzionale).
Questo fa di me un potenziale concorrente in un gioco di mercato?
Ancora non lo so, potrei dire forse, ma al momento mi limito a dire "speriamo".

Dove voglio arrivare dopo questo esempio personale?
Semplicemente ad una conclusione, che se in passato non ho lavorato, o partecipato ad importanti pubblicazioni nazionali e oltre, è stato solo per mio demerito.

Forse, anzi, è certo, ai tempi avevo l'abitudine (pessima) di buttare la colpa verso gli altri, o verso eventi specifici della vita, ma adesso, col senno di poi e acquisita una parvenza di maturità dovuta all'età, dico senza pudore che la colpa è mia e soltanto mia.

Colpa della paura a farmi avanti, a propormi, della mia pigrizia nell'approfondire lo studio di certi dettagli importantissimi per un fumettista (struttura, anatomia, prospettive), del mio giustificare come sperimentazione quelli che erano in realtà solo palliativi in una situazione di qualità non eccelsa, delle sempre presenti scorciatoie nel metodo lavorativo.

Vedendo le cose da questo punto di vista il quadro è sconfortante, c'è da non credere che nell'ultimo anno sia riuscito a pubblicare qualcosa, o che negli ultimi 3 anni io abbia lavorato per una delle più ambite agenzie pubblicitarie d'europa.
Si potrebbe gridare semplicemente "bucio de culo".
Infatti lo faccio.

"Bucio de culo"!!!

L'unico merito che mi attribuisco è quello di esserne stato consapevole e quindi essermi alzato dal letto alle 5 del mattino ogni giorno e aver disegnato senza sosta fino alle 23 in tutti questi ultimi anni.

"Bucio de culo" lo stesso.

Trasportiamo il discorso al sottobosco fumettistico che pullula sui social network, quello di cui parlai tempo addietro, composto da disegnatori forse talentuosi da giovani, ma che han dovuto fermare la loro crescita artistica per svariati motivi...

Gente che magari la mattina timbra un cartellino, si siede ad una scrivania con davanti un pc e sbriga pratiche, gente che entra in fabbrica alle 6 e ne esce alle 17, gente che scarica frutta e verdura e che ha un contratto per sei mesi e dopo, se non è un call center ad assumerli chissà che fine farà.
Ecco, a questa massa di (involontariamente tragici) eroi moderni, figli di un sogno infranto, chi ha il coraggio di dire loro "Ehi, se non sei riuscito nella vita son due le cose, o non ti sei impegnato abbastanza oppure non eri davvero bravo come ti dicevano mamma e papà", chi potrà mai dirglielo in faccia senza avere l'imbarazzo di vedere lo sguardo basso per la vergogna o per la rabbia di una vita buttata al vento?

Nessuno lo fa, ipocritamente si lascia un like su questa o quella pagina fan con 100, 200 amici e tu, si, proprio tu, dico a te che sei un vero professionista, che lavori per "l'Ammerica" dal lunedì al mercoledì, per la Bonelli da giovedì al sabato e la domenica per la "France", perchè non dici che in realtà quel disegno che il fumettaro part time ha pubblicato è orrendo, che manca l'equilibrio, che la prospettiva è storta e che il poveraccio ha buttato via i soldi dei suoi genitori perchè la scuola di fumetto non gli è servita ad un cazzo?

Diglielo una buona volta che non farà mai il fumettista professionista, che la mamma e papà lo hanno fatto selvaggiamente, che la cacca esce dal culo e le donnine di playboy scoreggiano come la Sora Lella e Frank Matano messi assieme.

"Tu non sarai mai un fumettista.
Mai.
Piangi, sfogati, che ti fa bene.
E' colpa tua.
Non esistono raccomandati nel mondo del fumetto, non è colpa della tendenza di mercato, non c'è un governo ombra o una cospirazione occulta contro di te.

E' solo colpa tua. Ciao."

Si, ma diglielo però, prima che gli ridano dietro.
Prima che una casa editrice dilettante lo sfrutti illudendolo ancora di più.

E' colpa sua.
Diglielo.

Ciao

domenica 1 marzo 2015

Sissignori, l'ho visto due volte: Automata. Anzi no, Robotics!



Appena 48 ore fa ho deciso di vedere Automata, un film di fantascienza del 2014 e uscito nelle sale italiane proprio in questi giorni.
Diretto da Gabe Ibáñez, con un tenebrosissimo, nostalgico e tormentato Antonio Banderas (attore che personalmente adoro in particolar modo da sempre ) e, tra gli altri, Dylan McDermott,  Melanie Griffith (irriconoscibile, credetemi) , Birgitte Hjort Sørensen, Robert Forster.

Detto in sintesi, fin da subito mi è sembrato di star davanti ad un nuovo Blade Runner, più leggero e in salsa spagnola.
Ne sono rimasto piacevolmente colpito.
Ma diciamola tutta.
Sono i robot che me lo fanno piacere.
Molto volgarmente e senza troppi giri di parole, il motivo è quello.
Si, perchè a me potete far vedere di tutto, persino l'horror (ancora mi spaventa, si si), ma anche le telenovele brasiliane più dozzinali, però se ci sono i robot io resto incollato davanti lo schermo e per me diventa la visione più bella del mondo, anche se gli attori dicono "merda" o "culo"per 90 minuti.

E' il mio punto debole.
Non sto qui, oggi, ad indagare o approfondire i motivi psicologici di questa mia ossessione, però è grazie ad essa che al momento il mio principale impegno fumettistico è giusto appunto incentrato sui robot e sulla stessa fantascienza distopica e apocalittica narrata in Automata.
Ovviamente parlo di Robotics, e , ovviamente, sto accostando la mia creatura al film con Banderas.

Le similitudini sono tantissime e non mi riferisco solamente alla presenza dei droidi, sarebbe oltremodo superficiale e banale.





Partiamo dalle atmosfere, quindi anche dai presupposti della storia.
Il plot, senza svelare o anticipare nulla più di ciò che si vede nel trailer o nelle tante immagini diffuse in rete, è identico in maniera disarmante.
Radiazioni, devastazione, deserti, mari scomparsi e umanità in estinzione, insomma una dilagante disperazione che però, per quanto possibile, non ha veramente impedito alla società organizzata di sopravvivere.

Come anche in Mad Max o Hokuto No Ken che dir si voglia ( ma anche in Matrix, L'esercito delle 12 scimmie/col virus e in tanti altri racconti di genere), sono presenti gli stessi presupposti.

Altra similitudine con Robotics è la volontà della razza umana di rivolgersi all'idea "automa" per risolvere un problema.
Poi, c'è il successivo fallimento di tale azione e le conseguenze che esso porta che muovono la drammaturgia principale.
Se non fosse per la presenza degli umani, direi proprio che han fatto il film di Robotics.

Non sto affatto dicendo che c'è un plagio, attenzione, sarei un cretino presuntuoso a farlo, chiarisco fin da subito questo concetto prima che qualcuno incorra in un equivoco.

Infatti, mentre io (insieme a Francesco Polizzo e Giacomo Pilato) lavoravo alla stesura della storia e poi alla realizzazione delle tavole del primo volume di Robotics, nessuno sapeva dell'esistenza di questo piccolo gioiellino del cinema di fantascienza, così come regista, autori e attori di Automata non potevano sapere della nostra (Robotics non era ancora stato pubblicato).
Ciò sta a significare che nessuno ha inventato nulla e nessuno ha copiato nessuno.

Come sono arrivato io alle conclusioni narrative di Robotics sono arrivati anche gli autori di Automata e, come noi, qualcun altro c'è arrivato prima (come mi faceva notare il sempre attento e preparato Massimo Perissinotto in un post su facebook di qualche mese fa citandomi "La leggenda dei robot" di William Voltz ) e vi arriverà di certo in futuro qualcun altro...



No, non è di plagio che voglio parlare, ma di mera soddisfazione personale...
Sarò strano io, evidentemente, perchè per me vedere Automata, con tutte le somiglianze con il mio Robotics è motivo di vanto e vuol dire che son stato bravo, abbastanza da poter anche sognare in grande ma senza strafare.
Vuol anche dire che una fetta di mercato interessata a quel che faccio c'è, persino al cinema, che poi è dove mi piacerebbe arrivare, un giorno.

Tornando al film spagnolo, come dicevo, gli elementi comuni ci son tutti.
Troppi a dire il vero, ed è quasi imbarazzante.
Persino certi concetti espressi in alcune frasi, anzi, in un paio di casi troviamo frasi assolutamente identiche (se ne accorgerà chi ha letto Robotics)...
Inoltre risultano simili sia la tecnologia con cui vengono giustificati i robot (nota per chi scrive recensioni, si dice ROBOT al plurale e non ROBOTS, signori saccentoni del pupparuolo) che la loro presunta coscienza, o le batterie nucleari (in Robotics chiamati Core), anche la problematica del vivere o sopravvivere, dell'evoluzione, dei sentimenti e chi più ne ha più ne metta.



Il ritmo è lento all'inizio e velocizzato solo quando serve...
Il trattamento stilistico è senza CG in Automata (son tutti animatronics, tranne uno, vediamo chi indovina), così come senza troppa spettacolarizzazione delle immagini (inutile) in Robotics e il design dei mecha (con solo 3 o 4 caratterizzazioni, molto retrò e semplici) è essenziale e richiama tantissimo lo stile vintage di Dreamer & company...



Insomma, non so se si comprende, ma mi sono innamorato.

E' uno stimolo forte per me, il classico vento in poppa che fa andare avanti e mi fa sognare ancora, spingendomi a continuare a narrare quel mondo fantastico che ho in testa.

Che dire, andate a vederlo se potete.
Non è Blade Runner, ma ci va vicino.
Peccato che lo abbiano datato dandogli una collocazione temporale.
2044.
io non lo avrei mai fatto.

meglio io.

Lunga vita e prosperità (e ricordiamo l'amato Leonard Nimoy, scomparso l'altro ieri)...




In fede
Claps iemmola